venerdì 28 marzo 2008
POF di Territorio: evitare il progettificio e finalizzare l’uso delle risorse di Eugenio Bastianon.
POF di Territorio: evitare il progettificio e finalizzare l’uso delle risorse di Eugenio Bastianon*
Quale la mission della scuola? Erogazione
di un servizio formativo e basta,
apertura ai rapporti col territorio,
fucina di progetti per ampliare la gamma
dell’offerta? Il dibattito sulla scuola ha oggi
come tema di fondo la questione dell’Autonomia,
ovvero come e in quale ambito è possibile
rendere le istituzioni scolastiche protagoniste
della propria offerta formativa coordinando
il POF con gli altri soggetti.
Cosa vuol dire questo? Da più parti emerge
un dubbio: le scuole si sono trasformate in
progettifici? Il dubbio è sensato perché, alla
fine, si tratta di capire se una cattiva governance
dell’Autonomia possa comportare lo
smarrimento da parte delle scuole della propria
mission formativa.
Un nodo fondamentale è rappresentato dal
livello di qualità delle attività erogate rispetto
alle risorse impiegate. Una descrizione
puntuale di questo aspetto è stata evidenziata
già nel 2004 in un’indagine sull’Autonomia
scolastica condotta dalla Corte
dei Conti. Si legge nella delibera (1):
“L’ampia disamina effettuata consente di
evidenziare quali dovrebbero essere le tematiche
da approfondire sia da parte dei Collegi
dei revisori, sia, successivamente, dagli
USR e dall’Amministrazione centrale per ricostruire
il quadro sistematico degli andamenti
dell’Autonomia.
" La coerenza dei Piani per l’offerta formativa
con la specifica missione di ciascun
istituto nel contesto territoriale socio-economico
di riferimento.
" Il rapporto fra l’impiego di docenti interni
all’istituto ed il ricorso ad esperti esterni.
" La scelta di porre interamente a carico
del sistema famiglie determinate attività
anziché altre.
" Il corretto dimensionamento dei progetti
in relazione alle risorse disponibili.
" La capacità degli istituti di rapportarsi alle
altre istituzioni presenti nel territorio.
" La valutazione di economicità dei progetti,
tenendo conto della customer satisfaction.
" L’impatto dell’attività didattica extracurriculare
sulla dispersione scolastica e sulla
riduzione dei debiti formativi nei primi
anni dei cicli scolastici, in particolare
quello secondario superiore.
"Il livello di realizzazione delle iniziative a
rete che coinvolgono più scuole, rispetto a
quelle individuali.
" La valutazione delle disomogeneità nella
realizzazione dei progetti prioritari comuni
a tutte le scuole di un determinato ciclo.
" L’incidenza, nei POF, di attività strumentali
non immediatamente riferibili agli
utenti del servizio.
I punti messi in evidenza dalla Corte dei
Conti pongono al centro dell’attenzione la
questione della buona governance e della
qualità della gestione dei POF, ovvero:
coerenza tra progetti, mission delle scuole
e richieste effettive degli studenti e delle
famiglie;
reale valenza formativa dei progetti, in relazione,
ad esempio, alla dispersione scolastica
e al recupero dei debiti formativi;
effettiva capacità/volontà delle scuole di
realizzare sistemi formativi in rete;
compatibilità tra progetti e risorse economiche.
LA GOVERNANCE DELLE ISTITUZIONI
SCOLASTICHE: UN CONFRONTO
DA UN’ANALISI SUL CAMPO
Il rapporto tra la governance delle singole
scuole e quella del territorio è stata evidenziata
in una ricerca del FORMEZ condotta in
collaborazione con Anna Armone e Mario Di
Mauro. La ricerca ha esaminato l’offerta formativa
in alcune scuole di tre regioni: Veneto,
Lazio e Calabria. L’indagine sul campo in
Veneto è stata curata dal sottoscritto.
Esaminiamo il caso di due licei, i cui nomi sono
sostituiti da due sigle: Liceo Ae Liceo B.
La tipologia di offerta delle due istituzioni
scolastiche rispecchia la storia delle scuole.
ras
IlLICEOAha uno sviluppo ormai plurisecolare
e nulla sembra possa intaccarne l’identità
di fondo.
É come se il variare di generazioni di insegnanti
e presidi all’interno di una organizzazione
a legami deboli come la scuola e il
mutare del contesto sociale, politico ed economico
non fossero in realtà in grado di
cambiarne il patrimonio genetico fatto di fama
e tradizione che si tramanda di generazione
in generazione (2).
IlLICEOBè di formazione relativamente recente
e vi operano ancora, con slancio ed entusiasmo,
gli insegnanti e la dirigenza che
l’hanno fondato.
In realtà, i due licei non affermano la propria
identità, e quindi la propria differenza, a livello
di offerta curricolare di base, che risulta
sostanzialmente analoga, con la comune valorizzazione,
ad esempio, dell’inglese.
Il luogo dove emerge la particolarità di vision
e di mission sono i progetti extracurricolari,
cui viene affidato il compito di far pesare
la scuola nella situazione di quasi mercato
in cui si trova ad agire nella ricerca di
utenti/clienti. L’identità delle due scuole viene
affermata con:
•una parsimonia classicamente equilibrata
ed armoniosa (Liceo A) (3).
• una vastità di offerta, nel nome della risposta
al territorio e al mondo giovanile
(Liceo B).
Ecco una sintesi delle variabili che descrivono
l’offerta e alcuni dati di gestione.
LICEO A
11 progetti,
16 euro investiti in progetti per alunno,
il progetto più penalizzato a livello di finanziamenti
è quello sul Teatro e scuola con 6 euro
per alunno,
il progetto con più alta percentuale di finanziamento
per alunno è la Lingua straniera, con
41,3 euro.
LICEOB
31 progetti,
11 euro investiti in progetti per alunno,
il progetto meno finanziato risulta l’Eccellenza
in matematica con 0,4 euro per alunno (in un
contesto con altri 6 progetti finanziati con meno
di un euro per alunno),
il progetto più finanziato è quello delle gite scolastiche
con 93,8 euro per alunno.
Dai dati emersi sembra educativamente
premiante la scelta del Liceo A per almeno
due ragioni:
" il progetto più finanziato, nel Liceo A, è
concretamente formativo (Lingue straniere)
mentre quello più finanziato nel Liceo
B (gite) può risultare vago nelle sue ricadute
culturali;
" la soglia minima di finanziamento, nel
Liceo A(6 euro per Teatro e scuola) mantiene
proporzioni accettabili, mentre c’è
da interrogarsi sull’effettiva rilevanza dei
6 progetti finanziati al Liceo B con meno
di 1 euro per alunno.
Vale quindi la pena di verificare quali siano
le possibili conseguenze sull’identità delle
scuole di un così diverso approccio alla questione
progetti.
PROFILO DELLE COMPETENZE
L’indicatore utilizzato non può che essere
quello delle competenze, dove competenza
non indica qui, chiaramente, il semplice saper
fare, ma ciò che una scuola, e una qualsiasi
organizzazione, ritiene la caratterizzi
di fronte ai propri stakeholder.
LICEO A - Il modello di offerta formativa adottato
mi sembra lo qualifichi come scrupoloso
ed austero custode della mission formativa
che ritiene propria di un liceo classico.
Dal punto di vista del profilo delle competenze
delle professionalità operanti, gli insegnanti
si definiscono per la capacità di gestione
del processo operativo, secondo un in-
9
La competenza è l’indicatore dell’identità,
ossia della mission formativa di una scuola
ras
Note: (1) Corte dei Conti, Delibera n. 19/2004/G.
(2) G. P. Quaglino La vita organizzativa, Raffaello Cortina
Editore, Milano 2004.
(3) L. Benadusi, F. Consoli (a cura di) La governance della
scuola. Istituzioni e soggetti alla prova dell’autonomia, Il
Mulino, Bologna 2004.
(4) G. Rebora I capi azienda in Italia e i modelli di management
e leadership, Guerini e Associati, Milano 2004.
(5) A. Armone, L. Lelli, I. Summa Manuale del dirigente
scolastico, Editori Laterza, 2002.
segnamento lineare, con una relazione sempre
precisa e netta tra processo didattico,
obiettivi e risultati.
Il Dirigente, d’altra parte, assume con una
certa chiarezza le caratteristiche del dirigente-
manager, titolare di ruoli e funzioni
chiaramente non solo sovraordinati ma anche
distinti da quelli della docenza e dei diversi
collaboratori che lo rappresentano,
avendo come interlocutori diretti gli organi
di controllo centrali e locali.
LICEO B - L’Istituto in quanto tale sembra
assumere i tratti di un’impresa di servizi,
con un’interpretazione della propria mission
decisamente ampia ed articolata. Gli
insegnanti, anche al di là di una precisa, comune
ed esplicita consapevolezza, si vanno
configurando come attori sociali, impegnati
in progetti collettivi fondati sull’analisi delle
situazioni quotidiane.
Il Dirigente appare qui come un leader e manager
esperto in strategie di marketing, impegnato
ad assicurare l’accountability del proprio
istituto soprattutto presso gli Enti locali.
Dal confronto fra i modelli di competenze esaminati
emerge dunque una differenza sostanziale
nel modo di porsi sul mercato da parte dei due
istituti. Rispetto alla domanda-offerta di formazione,
infatti, il Liceo A punta tutto sulla qualità
della propria offerta, mentre il Liceo B insegue
piuttosto la domanda adottando strategie di
marketing. Alla luce dei risultati, tuttavia, quest’ultima
via sembra comportare un forte rischio
di smarrire la mission liceale.
QUALE TERRITORIO?
Nella definizione della propria identità formativa,
nessuna scuola può comunque prescindere
da una valutazione essenziale:
quella della realtà in cui è inserita.
La domanda di fondo è: quale è il territorio di
riferimento di una scuola? Cosa si intende, o
cosa si dovrebbe intendere, per territorio?
L’impressione è che l’attuale situazione di
quasi mercato corra il rischio di trascinare le
scuole nella rincorsa a tutte le più diverse richieste
del contesto sociale e non a cercare, o a
chiedere, un quadro organico di riferimento.
Esemplare da questo punto di vista è l’elaborazione
dell’offerta negli istituti tecnicoprofessionali,
cui è stata tradizionalmente
affidata in Italia la formazione dei quadri intermedi
che hanno caratterizzato lo sviluppo
industriale ed economico e la mobilità sociale
del nostro Paese (4).
Sembra quindi evidente che, una corretta e
produttiva elaborazione dell’offerta formativa
in questo tipo di istituti non può essere
fondata esclusivamente sull’analisi del territorio
di cui sono o possono essere capaci i
singoli istituti, ma deve piuttosto riferirsi ad
un concetto più ampio, tratteggiato da una
governance interistituzionale di respiro necessariamente
provinciale o regionale. Solo
a questo livello è possibile tener conto:
della contraddittorietà, in alcuni casi, delle
richieste del sistema produttivo che, da una
parte sollecita nella forza lavoro nuove abilità
e conoscenze, coniugate ad un’elevata capacità
di adattamento e di apprendimento e,
dall’altra, esplicitano spesso una domanda di
lavoro ancora scarsamente qualificato;
delle prospettive reali di sviluppo dell’economia,
nell’articolazione di tutti i suoi distretti;
dei fondi europei destinati a sostenere la
partecipazione delle piccole e medie imprese
a bassa tecnologia a progetti di ricerca e sviluppo
messi a punto in collaborazione con il
sistema dell’istruzione-formazione.
10
L’offerta formativa va definita
da una governance interistituzionale
a livello provinciale o regionale
ras
IN QUALE SEDE IL LIVELLO DI CONCERTAZIONE DEL POF?
Il problema non è di poco conto: non si tratta,
infatti, di negare la spinta propulsiva della
legislazione sull’Autonomia o il rapporto
scuola-territorio.
Si tratta, piuttosto, di stabilire quale possa
essere il territorio con cui entra in relazione
ogni singolo istituto, con quali chiavi di lettura,
con quali stakeholder, con quali finalità
e con quale relazione con il primario
compito di educazione ed istruzione (5).
Alla luce della nuova normativa è possibile,
legittimo e produttivo immaginare un Piano
dell’offerta formativa elaborato, innanzi tutto,
a livello regionale e poi provinciale, che
stabilisca in modo unitario, e nello stesso
tempo articolato, quale debba essere la relazione
tra il sistema scolastico in tutte le sue
caratterizzazioni e il proprio territorio.
La normativa di base è costituita dalla legge
15 marzo 1997, n. 59, dal decreto legislativo
31 marzo 1998, n. 112, dal DPR 18 giugno
1998 n. 233 che affida alle Regioni il
compito di adottare i criteri generali in base
ai quali le conferenze provinciali devono realizzare
i piani di dimensionamento delle istituzioni
scolastiche ai fini dell’attribuzione
dell’autonomia e della personalità giuridica.
La riforma del Titolo V della Costituzione,
varata nel 2001, ha precisato le competenze
tra Stato e Regioni, successivamente confermate
dalla sentenza della Corte Costituzionale
del 12 gennaio 2005.
Su questa linea Regioni e Province hanno
cominciato a muoversi già da qualche anno.
Da citare, ad esempio, il “Patto per lo sviluppo
dell’Umbria”, sottoscritto già il 27 giugno
2002.
Gli obiettivi del Patto sono:
miglioramento della coerenza e del raccordo
tra processi formativi e mondo del
lavoro;
potenziamento degli strumenti dell’alternanza
e dello sviluppo del sistema della
formazione continua e della formazione
permanente;
potenziamento di infrastrutture e servizi
per il diritto allo studio universitario;
introduzione di standard di qualità nel sistema
regionale della formazione e dell’orientamento;
sviluppo di un sistema di formazione superiore
basato sull’integrazione Università-
ricerca scientifica con la formazione
professionale e il mondo delle imprese.
L’orizzonte del Patto rappresenta un vero e
proprio programma di governance:
•del sistema scuola-università,
•del sistema scuola in relazione al territorio,
•del territorio attraverso la scuola.
I contraenti del patto interistituzionale sono
ben 32 tra cui gli Enti locali, organizzazioni
sindacali e rappresentanze di tutti i comparti
produttivi compreso il terzo settore.
In attesa della messa a punto della legge regionale
di gestione del sistema di istruzioneformazione
la parte pubblica, attraverso il
Patto, si è assunta il compito della “definizione
di un procedimento condiviso per l’orientamento
ed il soddisfacimento delle domande
di istruzione e formazione coerenti
con le esigenze dell’Umbria”.
Non a caso, il primo progetto per tentare di
modellizzare un POF territoriale è nato proprio
in questa regione (vedi articolo a pag. 5).
Il Patto ha quindi il merito di aver creato le
basi per un progetto di sistema, ampio e organico,
che comprende nel proprio orizzonte
anche il sistema universitario, e che permette
alla parte pubblica di mettere a punto le linee
direttrici dell’offerta formativa e alle
scuole, in prospettiva, la massima autonomia
nel declinare il proprio POF senza cadere nel
progettificio. In questa logica sarà possibile
valutare le effettive ricadute dell’azione formativa
e, quindi, dell’investimento effettuato.
* Eugenio Bastianon, Docente supervisore di tirocinio
presso la SSIS Veneto
U.R.L. ( http://www.nuovaautonomiascolastica.com/rivista/2007_11/8_11-Bastianon.pdf )
H.P. ( http://www.autonomiascolastica.it/ )
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